martedì 17 ottobre 2017

17 ottobre 1942 POLOJ L'ultima carica della seconda guerra mondiale

7 OTTOBRE 1942 POLOJ
L'ultima carica della cavalleria nella seconda guerra mondiale.
Stemma del 14° Reggimento Cavalleggeri ALESSANDRIA
«Abbiamo avuto l'onore di scontrarci con i Cavalleggeri di Alessandria» 

questo il commento in tono ammirato del maresciallo Tito a proposito dei fatti d'arme che tratteremo in questo post.

Ancora adesso a 75 anni da questi fatti molti conoscono come ultima carica della cavalleria della seconda guerra mondiale e forse dell'intera storia bellica mondiale, quella del «Savoia Cavalleria» avvenuta il 24 agosto 1942 a Isbuscenskij in Russia. Un attacco alla sciabola che permise di rompere l'accerchiamento dei nemici ed evitare una disfatta. Un misto di capacità di manovra, tattica ed eroismo da far esclamare agli sbalorditi tedeschi, solitamente parchi di complimenti, «Noi queste cose non sappiamo più farle». In realtà l'ultima battaglia di un reggimento a cavallo si svolse un paio di mesi dopo, il 17 ottobre, a Poloj in Croazia. Un attacco reso necessario da una serie di errori dell'alto comando, che preferirono per questo far cadere una sorta di «velo d'oblio» sul sacrificio dei cavalleggeri del 14° Cavalleggeri d'Alessandria. L'episodio si inserisce in un ciclo di operazioni iniziato il 1° ottobre contro le formazioni partigiane operanti nella zona, che dura sino al 23 ottobre. Non stiamo a dilungarci sulle operazioni che ai svolsero quei giorni e andiamo dritto al 17 ottobre 1942 tema del presente post.
Il 14º Cavalleggeri di Alessandria era inquadrato nella 1^ divisione celere "Eugenio di Savoia", composta oltre che dal 14°, dal reggimento "Cavalleggeri di Saluzzo", dallo squadrone carri L " S. Giusto " e rinforzato da una sezione di artiglieria ippotrainata da 75/27 della divisione "Re".


Cavalleggeri di Alessandria, divisa I capitano, 1940
Comando

L'organico del reggimento era il seguente:
Squadrone Comando
3 Squadroni Cavalleggeri di Alessandria
1 Squadrone Cavalleggeri di Lodi
5° Squadrone mitraglieri
XII Gr. app. Cavalleggeri di Alessandria
XIII Gr. smv. controcarro da 47/32 Cavalleggeri di Alessandria
VII Btg. Movimento stradale Cavalleggeri di Alessandria
XII Btg. Movimento stradale Cavalleggeri di Alessandria
III Gr. Carri L6 Cavalleggeri di Alessandria
IV Gr. Carri L6 Cavalleggeri di Alessandria

I Cavalleggeri di Alessandria in Croazia, ottobre 1942

Al sorger del sole del 17 di ottobre 1942, il 14º reggimento, guidato dal colonnello Antonio Ajmone Cat con una colonna di artiglieria ippotrainata, il 3º squadrone carri su L6/40 e l' 81° battaglione Camicie Nere divisionale, muoveva verso Primislje in una normale operazione di controllo quando, nelle prossimità del fiume Korana, un manipolo di partigiani Jugoslavi esplosero dei colpi di grosso calibro dalle alture circostanti, uccidendo subito un ufficiale e un cavalleggero e ferendo diversi uomini e cavalli. Dopo un leggero ripiegamento del 14°, che però ha dato tempo ai partigiani di riorganizzarsi e di appostarsi nelle alture vicine, alle 13.00, il reggimento si mosse in formazione a losanga, rinforzato dal 40º squadrone di supporto con carri e pezzi d'artiglieria.
Alle 14.30, questo raggiunse Poloj e si schierò nella valle in ordine di combattimento, poiché le alture erano tenute dai partigiani, e subito iniziò un violento scontro a fuoco. Alle 17.00 si accentuò la pressione avversaria, così il generale Lomaglio, comandante della 1ª Divisione Celere "Eugenio di Savoia", ordinò dal comando di proseguire per Primislje e mandò sul posto il generale Mazza, vicecomandante la divisione. Alle 18:30 Lomaglio, col far del buio, decise di far ritirare le forze a Perjasica, ma ormai i partigiani aspettavano questa mossa. Il colonnello Cat mandò in scoperta il primo squadrone del capitano Antonio Petroni con lo squadrone comando e quello dei mitraglieri.
Nel frattempo il terzo squadrone, sfoderate le sciabole, si lanciò alla carica sui partigiani che scendevano dalle alture a sinistra, mentre il secondo faceva lo stesso dal lato opposto; in retro guardia il quarto squadrone del capitano Vinaccia caricò ripetutamente per coprire la ritirata dell'artiglieria e degli automezzi: il capitano cadde nello scontro, ma le perdite partigiane furono nettamente superiori. I pochi partigiani rimasti, a questo punto, decisero di organizzare un terzo sbarramento, ma una poderosa carica di sciabole riuscì a spezzare l'accerchiamento formatosi e a metterli in fuga.
L’impeto, la decisione e la rapidità dell’azione sconvolse i piani dell’ avversario e fece in modo che le truppe che seguivano il Reggimento non avessero perdite.
A fine battaglia, in tarda serata, il 14º Cavalleggeri contava 129 caduti, 9 ufficiali, 4 sottufficiali, 116 soldati e 160 cavalli e una settantina di feriti, pesantissime le perdite partigiane Per il Regio Esercito non fu solo una vittoria strategica ma anche tattica. I cavalleggeri rientrarono vittoriosi la mattina del 18 ottobre a Perjasica, accolti dagli alti comandi con tutte le glorie, nonostante l'amarezza per aver perduto nello scontro il regio stendardo che accompagnò quel reparto durante tutta la sua storia.
I tanti atti di valore individuali sono ricompensati con 12 Medaglie d'Argento al Valor Militare, altre di Bronzo e Croci di Guerra.
I caduti furono, per ordine dei partigiani ai civili del luogo, subito seppelliti, onde evitare possibili epidemie. In fosse affrettatamente scavate furono calati, insieme, partigiani, soldati italiani e cavalli. Tutti i caduti italiani furono privati, delle uniformi, delle armi, delle munizioni e dell'equipaggiamento; impossibile, quindi ogni successivo riconoscimento di salme. Si é potuto capire che tutti i prigionieri vennero uccisi e le camice nere anche seviziate.

Il caporal maggiore Emilio Zanetti dei Cavalleggeri di Alessandria a 96 anni durante una premiazione nel 2015
La carica di Poloj fu una azione di grande importanza, in tutti gli aspetti, pur non essendo scaturita dalla autonoma decisione del suo comandante ma quasi imposta dall'alto, per eseguire un ordine; eseguita in maniera esemplare dai soldati italiani. Secondo analisti militari e strateghi, le alte perdite avrebbero potuto essere evitate o quantomeno ridotte se il combattimento fosse stato condotto liberamente dal comandante sul campo. Difatti su questa carica, dopo un galvanizzamento generale, venne quasi immediatamente steso un velo di imbarazzato silenzio. Divulgare completamente le circostanze in cui avvenne avrebbe messo in luce le manchevolezze dei comandi e la leggerezza con cui venivano impartiti gli ordini. Si preferì pertanto continuare a parlare della carica del «Savoia Cavalleria» a Isbuscenskij come dell'ultima carica e fare calare il silenzio sull'episodio di Poloj.
La bandiera del reggimento, che dopo lo scioglimento nel 1979 è conservata nel museo del Vittoriano, aspetta ancora quella medaglia d'oro che solo il presidente della Repubblica, motu proprio, potrebbe conferire. La burocrazia cieca, le tante delusioni e le omissioni sospette non hanno piegato ancora i reduci che, hanno anche restauratp a loro spese la chiesetta di Poloj, dove sono sepolti i caduti. Sarà una battaglia dura, ma chi ha sostenuto una carica di cavalleria (e poi, dopo l'armistizio, il calvario nei campi di prigionia tedeschi) ce la può fare.

Poloj, chiesa campestre presso il luogo della battaglia

lunedì 16 ottobre 2017

ARNALDO ARZARICH Un eroe sconosciuto

ARNALDO ARZARICH
Un eroe sconosciuto
Anche oggi siamo qui a parlare della figura di un grande italiano ai piu' sconosciuto. Stiamo parlando del maresciallo dei vigili del fuoco Arnaldo Arzarich. Nato a Pola il 3 maggio 1903 ottenne la Medaglia d'oro al Valor Civile per essersi distinto in particolari atti di coraggio e perizia nell' espletamento delle sue funzioni. 

Il maresciallo del 41° corpo dei vigili del fuoco di Pola, Arnaldo Arzarich
Parliamo di lui oggi 16 ottobre perché nel lontano 16 ottobre 1943 egli ricevette dal suo Comandante Ing. Gaetano Vagnati un ordine che probabilmente non si sarebbe mai aspettato di ricevere.
Ma torniamo indietro di qualche giorno nel convulso e tragico fine 1943 per inquadrare i fatti.
L' 8 settembre il maresciallo Badoglio annuncia che 5 giorni prima il Regno d'Italia si è arreso agli alleati. L'ex alleato la Germania nazista considera la cosa un tradimento in piena regola e Hitler ordina di attuare il piano gia' studiato dal maggio precedente, in caso di defezione dell'Italia.
Scattava così l'operazione Achse che prevedeva la neutralizzazione delle forze armate italiane su tutti i teatri dove esse operavano e il piano Alarich l'occupazione dell'Italia non ancora in mano agli alleati. Ci spostiamo ora nella zona interessata al nostro post odierno.
Dalle operazioni tedesche erano rimaste escluse la Venezia Giulia e la Provincia di Lubiana, dove essi si limitarono ad assumere il controllo dei centri principali, quali Pola, Trieste e Fiume. Nel resto della regione, lasciato sguarnito, i partigiani jugoslavi occuparono tutte le zone rimaste sguarnite, mantenendo le proprie posizioni per circa un mese. Il 13 settembre 1943, a Pisino venne proclamata unilateralmente l'annessione dell'Istria alla Croazia, da parte del Consiglio di liberazione popolare per l'Istria. Il 29 settembre 1943 venne istituito il Comitato esecutivo provvisorio di liberazione dell'Istria. Improvvisati tribunali, che rispondevano ai partigiani dei Comitati popolari di liberazione, emisero centinaia di condanne a morte. Le vittime furono non solo rappresentanti del regime fascista e dello Stato italiano, oppositori politici, ma anche semplici personaggi in vista della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo che s'intendeva creare. A Rovigno il Comitato rivoluzionario compilò una lista contenente i nomi dei fascisti, nella quale tuttavia apparivano anche persone estranee al partito e che non ricoprivano cariche nello stato italiano. Vennero tutti arrestati e condotti a Pisino. In tale località furono condannati e giustiziati assieme ad altre persone di etnia italiana e croata. La maggioranza dei condannati fu scaraventata nelle foibe o nelle miniere di bauxite, alcuni mentre erano ancora in vita. Secondo le stime più attendibili, le vittime del 1943 nella Venezia Giulia, si aggirano sulle 600-700 persone. Alcune delle uccisioni sono rimaste impresse nella memoria comune dei cittadini per la loro efferatezza: tra queste sono Norma Cossetto, don Angelo Tarticchio, le tre sorelle Radecchi. Norma Cossetto come vedremo più avanti ha ricevuto il riconoscimento della medaglia d'oro al valor civile.
Terminate le operazioni di disarmo del Regio Esercito il Comando Supremo germanico decise di riprendere possesso delle zone controllate dai partigiani jugoslavi. Fu così che nella notte del 2 ottobre 1943 sotto il comando del generale delle SS Paul Hausser, scatto' l'operazione Nubifragio in tedesco operazione Wolkenbruch, a cui presero parte anche ridotte unità della neonata Repubblica Sociale Italiana. I nazifascisti penetrarono nell'Istria con tre colonne, precedute da forti bombardamenti aerei, raggiungendo in pochi giorni tutte le principali località. I reparti partigiani furono annientati e costretti alla fuga verso l'interno. A seguito di questi fatti veniva costituita la Zona d'operazioni del Litorale adriatico o OZAK (acronimo di Operationszone Adriatisches Küstenland) comprendente le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, sottoposta a diretta amministrazione militare tedesca e sottratta di fatto al controllo della Repubblica Sociale Italiana. 
I territori della Operationszone Adriatisches Küstenland
L'area venne affidata al gauleiter austriaco Friedrich Rainer che tuttavia permise in città la costituzione di una sede del PFR, diretta dal federale Bruno Sambo, la presenza di un modesto contingente di militari italiani al comando del generale della GNR Giovanni Esposito e l'insediamento di un reparto della Guardia di Finanza. Egli stesso nominò podestà della città Cesare Pagnini, mentre come prefetto della provincia di Trieste scelse Bruno Coceani. Entrambi i personaggi erano graditi alle autorità della RSI e allo stesso Benito Mussolini. Le neo costituite autorità italiane vennero ben presto a conoscenza dei massacri indiscriminati che nei pochi giorni dell'occupazione gli jugoslavi perpetrano in quei territori dopo che alcuni bambini trovarono vicino alla voragine della foiba di Vines, in Istria, gli occhiali rotti del loro babbo e alcuni bottoni strappati dagli abiti, furono chiamati i compaesani e i pompieri di Pola, per capire cosa poteva essere successo. C'era pure un forte odore acre che usciva dalla voragine carsica. I colombi non si aggiravano più come invece facevano normalmente. Per questo la foiba venne chiamata foiba dei colombi. Il compito di ispezionare le foiba fu affidato dal comandante del 41° Corpo dei Vigili del Fuoco di Pola, Ing. Gaetano Vagnati al maresciallo Arnaldo Harzarich lui stesso di Pola a detta di tutti il miglior uomo che il reparto avesse a disposizione.
Organizzatore e coordinatore sul campo, Harzarich partecipò in prima persona alla gran parte dei recuperi dalle foibe istriane che termineranno, per il precipitare della situazione militare, il 2 febbraio 1945.
La mattina del 16 ottobre 1943, in località' Cregli di Barbana, scortato da una squadra di polizia in quanto la zona era molto pericolosa perché infestata dalle bande partigiane comuniste titine, Harzarich esplorò la prima foiba.
Preparata l`impalcatura destinata a sorreggere la fune a cui era assicurato, egli iniziò la discesa. Metro dopo metro, nell`oscurità' discese per 80 metri e dovette fermarsi perché la profondità' era superiore alla lunghezza della fune di cui disponeva. Ritentò più volte l`esplorazione di questa foiba ed il 10 dicembre, raggiunse il fondo della voragine a 190 m.
Lì, sul fondo della foiba, nelle viscere della terra, da solo, si ritrovò in una caverna lunga due metri e larga appena ottanta centimetri. Illuminati dalla torcia, i corpi devastati delle vittime giacevano accumulati l`uno sull`altro. Harzarich tentò un conteggio dei poveri corpi, conteggio che risultò impossibile, per i danni causati dai 190 metri di precipitazione e per il tempo trascorso dalle uccisioni. Egli prese quanti più brandelli e resti di indumenti gli fu possibile, e ciò permise la successiva identificazione degli sventurati da parte dei loro congiunti.
La sera del 18 dicembre 1943, dopo un`altra pericolosissima e faticosissima discesa, furono riportate alla superficie le salme degli otto sventurati che ivi erano stati precipitati.
Estrazione di un corpo da una foiba
I rischiosi interventi di Harzarich e della sua squadra si ripeterono tante altre volte, come nella foiba di Vines profonda 226 metri, da cui vennero recuperati 84 cadaveri, come in quella di Surani presso Antignana (135 metri e 26 salme recuperate), in quella di Terli presso Barbana (125 metri e 26 salme recuperate), nell`abisso di Semi a Lupogliano (246 metri e contenente almeno 120 vittime), in quella di Gimino, Castellier, Carnizza, S. Lorenzo del Basanatico, Marzara, Rozzo, Pisino, Lindaro; a decine furono ancora esplorate ed a centinaia le salme dei trucidati recuperate. Per le sue valorose imprese nel recupero degli infoibati, sin dall`ottobre 1943, ricevette le prime lettere minatorie, scritte in slavo e con timbri partigiani, nelle quali gli veniva ordinato di sospendere il lavoro di recupero se voleva evitare di finire in foiba pure lui. Le ultime lettere minatorie le ricevette nel dicembre del 1944, ed in esse gli venne comunicato che i partigiani slavocomunisti lo consideravano un "criminale di guerra" condannato a finire in foiba assieme ai suoi congiunti. Il 27 marzo 1945, trovandosi a Cividale del Friuli, a casa del Comandante dei V.V.F Podrecca, venne a sapere che i partigiani di Tito avevano posto una taglia di 50.000 lire (di allora!) sulla sua testa.
« Più e più volte, nel rientrare a Pola fui bersagliato dal rosaro dei colpi di mitra sparati dai partigiani comunisti slavi .... che cercavano con tutti i mezzi di ostacolare l'esplorazione e il recupero delle salme dalle foibe. »(Dal racconto di Arnaldo Harzarich)
La propaganda fascista diede ampio risalto a questi ritrovamenti, che suscitarono una forte impressione. Fu allora che il termine "foibe" cominciò ad essere associato agli eccidi, fino a diventarne sinonimo.
Arzarich produsse una documentazione che nel giugno del 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, presentò alle autorità alleate, descrivendo foiba per foiba l'attività svolta e i riconoscimenti fatti. In totale recuperò i corpi di 204 infoibati più quelli di altre persone eliminate probabilmente in modo diverso. In totale 250 morti. Particolarmemte triste fra le tante non meno tragiche operazioni, fu quella del 10 e 11 dicembre 1943, nella quale presso Antignana, nella foiba di Villa Surani, venne recuperata la salma di Norma Cossetto, occultata insieme ad un'altra ventina di corpi.
Un immagine delle operazioni di recupero di alcuni corpi fra i quali si trovava quello di Norma Cossetto
Figlia di dirigente locale del Partito Nazionale Fascista e ufficiale della Milizia a lei e a sua sorella Licia fu chiesto a forza di schierarsi con i partigiani comunisti in Istria. Al rifiuto netto di Norma, ella fu torturata, seviziata, stuprata da un gruppo di diciassette titini e gettata, ancora viva, nella foiba di Villa Surani.
Alla sua memora la Repubblica Italiana ha concesso la medaglia d'oro al merito civile alla memoria
«Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio.»
— Villa Surani (Istria) – 5 ottobre 1943
Norma Cossetto e a fianco la sua tomba
Il 12 luglio 1945, Arzarich venne portato al centro "J" del G.M.A. il Comado Generale Alleato di Pola, dove venne interrogato quale "persona degna di ogni considerazione e del tutto attendibile" nel documentare le atrocità commesse dagli slavi contro gli italiani dell`Istria. Ecco uno stralcio dell'interrogatorio :
"Ha il sistema nervoso molto scosso; si estranea sovente dall`argomento rimanendo per minuti interi con gli occhi fissi nel vuoto: ciò si può certamente attribuire alle terribili visioni a cui era portato nel corso della sua attività' di recupero nelle foibe".
Con la sua famiglia fu costretto ad abbandonare Pola nel 1947 per trasferirsi a Trieste. Passò per il campo profughi di Silos e come purtroppo spesso succede nel nostro paese, tanto valore, tanta abnegazione e tanto coraggio non furono ripagati quanto avrebbero meritato; anzi, il Comando dei V.V.F di Venezia, dando credito alla denuncia di aver partecipato a rastrellamenti, presentata contro di lui, non volle riassumerlo in servizio, denuncia palesemente infondata fatta da una persona che "confondeva" i rastrellamenti con la scorta armata Repubblicana, dalla quale veniva accompagnato fino alla foiba dove procedeva al pericoloso lavoro.
Egli venne quindi trasferito, con un altro cognome, in una località' dell`Italia centro meridionale, dove la vendetta degli slavi non avrebbe potuto raggiungerlo.
Così venne dimenticata la grandiosa figura del Maresciallo Harzarich, che il 22 settembre 1973 morì esule a Merano.
Localizzazione delle foibe istriane e triestine
Il Monumento ai Martiri delle Foibe di Pagnacco ha tre targhe di ricordo. La prima di esse, posta sulla parte anteriore recita: "Ai nostri fratelli giuliani, istriani, fiumani e dalmati morti nelle foibe nel mare per testimoniare l'italianità delle loro terre - il Comune di Pagnacco - Agosto 2012". Quella posizionata sul lato dice: "Agli eroici Vigili del Fuoco del 41° Corpo di Pola: maresciallo Arnaldo Harzarich capo squadra ed ai suoi valorosi commilitoni per la loro preziosa opera di recupero, a rischio della vita, delle vittime delle foibe per una loro cristiana sepoltura - la nipote Sara Harzarich Pesle - Agosto 2012". La terza targa dedicatoria, posta sul retro, accenna alla famiglia Costantino Tonutti, che ha donato il masso su cui si erge la scultura in ferro.
Pagnacco (UD) il Monumento ai Martiri delle foibe, scultura in ferro di Renato Picilli (2012)
Speriamo che il nostro post odierno abbia aiutato a conoscere e a non dimenticare questa figura di grande italiano.