Pavolini figura di spicco del regime fascista nasce il 27 settembre 1903 da una famiglia dell'alta borghesia fiorentina. Suo padre Paolo Emilio indianista e orientalista di fama internazionale diventertà un Accademico d'Italia. Alessandro si laurea in Giursprudenza frequentando gli Atenei di Firenze e Roma. Proprio a Roma si trova il 28 ottobre 1922 giorno della Marcia su Roma e qui semplicemente si accoda alle colonne di Camice Nere Fiorentine. La sua ascesa nel partito è molto rapida, nel 1927 il marchese Ridolfi lo inserisce nella politica attiva con il ruolo di vice federale e già nel 1929 con il ritiro dalla vita politica del marchese, divenne federale di Firenze e in questa veste istituì il Maggio Musicale Fiorentino. A soli 26 anni Pavolini è la massima autorità fascista a Firenze. Nel 1932 viene chiamato a far parte del Direttorio Nazionale del partito, nel 1934 si trasferisce a Roma e l' conosce una figura che segnerà tutta la sua vita Galeazzo Ciano. Livornese, Ciano è ormai inserito ai più alti livelli del partito, ha spostato Edda Mussolini ed è pertanto genero del Duce. I due coetanei diventano subito amicissimi. Pavolini eletto deputato grazie alla sua fama di scrittore e organizzatore viene chiamato a presidere la onfederazione professionisti e artisti. Nel 1935 il Duce decide di saldare i vecchi debiti con l'Etiopia, Ciano e Pavolini si arruolano volontati e insieme affrontano l'avventura combattendo con una squadriglia aerea che Pavolini intitola a "La Disperata" dal nome di una squadra di camicie nere operante a Firenze ai tempi della Marcia su Roma. Durante la campagna che porterà alla costituzione dell'Impero, è il corrispondente del Corriere della Sera e a fine campagna sciverà il suo secondo libro "La Disperata". Rientrati a Roma Ciano viene nominato Ministro degli Esteri, e Pavolini ormai entrato nelle grazie di Mussolini gira il Mondo come ambasciatore del regime fascista.
Dal 31 ottobre 1939 fu titolare del Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop), in sostituzione di Dino Alfieri, ad ispirare la nomina di Pavolini fu l'amico Galeazzo Ciano. Nello stesso periodo l'attrice Doris Duranti, divenne sua amante e tale resterà sino alla vigilia della tragica fine, la fece rifugiare in Svizzera. Pavolini è ormai arrivato all'apice del regime, la figura di Ministro della Cultura Popolare gli da una posizione seconda soltanto al Duce. Sono sue le famose "veline" che stabilivano per tutti i giornali cosa si doveva sapere e cosa no. Sotto la sua direzione operano l'EIAR (attuale RAI) la SIAE e l'Automobil Club Italia.
Perse l'incarico di ministro a seguito di un rimpasto governativo voluto da Mussolini l'8 febbraio 1943, nel tentativo di controllare il fronte interno, mentre la guerra appariva ormai perduta, né la propaganda né la censura militare riuscivano più ad occultare la verità. Nominato direttore de Il Messaggero, conservò la carica di consigliere nazionale del PNF.
Il 25 luglio 1943 venuto a conoscenza della destituzione e arresto di Mussolini, mise al sicuro la famiglia e due giorni dopo raggiunse Vittorio Mussolini in Gemania e si attivò per la ricostituzione del fascismo in Italia. Da Radio Monaco Pavolini e Vittorio Mussolini spiegano al mondo che il fascismo non è morto Costituita la Repubblica Sociale Italiana fu nominato segretario provvisorio del Partito Fascista Repubblicano (PFR) e il 23 settembre convinse il maresciallo Rodolfo Graziani ad aderire alla RSI e diventare Ministro della Difesa. Partecipò con Mussolini e Bombacci alla stesura del Manifesto di Verona, approvato al Congresso del Partito Fascista Repubblicano il 15 novembre 1943. Qui si decise di punire i traditori che il 25 luglio 1943 votarono l'ordine del giorno Grandi e destituirono di fatto il Duce. 6 di loro sono nelle mani delle autorità repubblicane, fra di loro il conte Ciano. Pavolini decide di sollevare il Duce da un campito cosi difficile, concedere la grazia al proprio genero o perseguire il disegno dei fascisti più intransigenti alla testa dei quali c'è proprio Pavolini. Provvide personalmente alla compilazione dell'elenco dei giudici del Tribunale Speciale. Il verdetto du 5 condanne a morte Ciano, Marinelli, Gottardi Pareschi e De Bono. L'unico a salvarsi fu Cianetti, il giorno dopo aveva ritrattato la sua adesione all'ordine del giorno grandi e per questo venne condannato a 30 anni di carcere. L'unico di fatto che poteva salvarli era proprio lui, ma ormai Pavolini aveva inboccato la strada del fascismo duro e puro quello che di certo non poteva concedere la grazia a chi il fascismo lo aveva tradito. Fu cosi che i 5 condannati vennero fucilati a Verona l'11 gennaio 1944. Le sorti della Repubblica Sociale apparivano ormai segnate gli americani di li a poco raggiunsero Roma sfondando la linea Gustav e risalivano lentamente la penisola. In vista dell'arrivo a Firenze degli Alleati, Pavolini si recò nella sua Firenze e lì organizzò il corpo dei franchi tiratori.
Il 30 giugno 1944 completò la costituzione delle Brigate Nere, nel numero di 41 brigate, una per ogni provincia della RSI, ed intitolate ciascuna ad un caduto del fascismo. Ad esse si affiancavano sette brigate autonome e otto brigate mobili per un totale di 110.000 unità. Di fatto i tedeschi non vollero mai le Brigate Nere al fronte e le usarono solo per le azioni di controguerriglia contro i partigiani.
L' 11 agosto gli alleati entrano a Firenze, ormai abbandonata dai tedeschi ma non dai franchi tiratori organizzati da Pavolini. Si tratta di 300 individui fra uomini e donne che arroccati su 4 linee successive sparano per due settimane su alleati e partigiani, rallentando di fatto le operazioni militari di due settimane. Verranno stanati e uccisi tutti uno ad uno. Ebbe a dire a proposito dei fatti il generale inglese Alexander:
"La città italiana che preferisco? Firenze. Perché lì gli Italiani ci hanno accolto sparandoci addosso."
Passò l'inverno 1944-45 con gli alleati bloccati sulla nuova linea difensiva tedesca la "Gotica" che venne sfondata solo nella primavera del 1945. E siamo agli ultimi giorni di aprile. Mussolini e quello che rimane del fascismo abbandonano Milano e insieme con loro Pavolini che cerca di organizzarte nel ridotto della Valtellina l'ultima resistenza. A bordo di un autoblindo viene bloccato da un posto di blocco improvvisato dalla 52ª Brigata Garibaldi, agli ordini del conte Pier Luigi Bellini delle Stelle. I partigiani, consultato il loro comando di zona, accettarono qualche ora dopo di far passare i tedeschi. Gli italiani, dopo la partenza dei tedeschi, avrebbero dovuto invece tornare indietro: l'autocarro di Pavolini partì bruscamente e, per superare una cunetta, fece una manovra scomposta con una repentina accelerata, equivocata come un tentativo di forzare il blocco. Ne nacque una sparatoria. Mentre Barracu proponeva di arrendersi, Pavolini gridava "Dobbiamo morire da fascisti, non da vigliacchi": preso il mitra si lanciò quindi verso il lago, correndo e sparando. Fu inseguito dai partigiani e ferito in modo piuttosto grave da schegge di proiettile ai glutei.A seguito di un'ampia battuta di ricerca fu catturato a notte, indebolito dalla ferita, fu poi portato a Dongo, nella Sala d'Oro del palazzo comunale, dove poi fu condotto brevemente anche Mussolini, anch'egli nel frattempo riconosciuto e catturato. Fu processato per collaborazionismo con il nemico, passibile per il CLN di fucilazione immediata secondo la sua ordinanza del 12 aprile precedente. Furono fucilati anche gli altri 12 arrestati che erano con loro. Pavolini ebbe per ultimo vanto quello di guidare la fila indiana dei condannati che dall'edificio del comune si avviò verso il lago, nei pressi del quale furono schierati di schiena per l'esecuzione.Il cadavere di Pavolini fu esposto il giorno dopo a Milano, a Piazzale Loreto, appeso con quello di Mussolini.
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